Quando nel
mese di luglio del 1999 assunsi la direzione del Museo Pepoli sapevo già
che la strada da percorrere sarebbe stata in salita. Oltre ai compiti
della gestione quotidiana di un museo antico, grande ed importante quale
il Pepoli dove, in relazione agli obiettivi fissati dal Dipartimento
Regionale dei Beni Culturali, avrei dovuto incrementare la fruizione del
museo, della biblioteca e della sala-conferenze mediante attività
culturali diverse, l’impegno certamente più importante era quello di
valorizzare il patrimonio del museo e migliorarne le condizioni di
sicurezza.
Sulla base di tali premesse, il primo lavoro che si rese necessario
intraprendere fu il trasferimento della biblioteca in un luogo più sicuro
ed adeguato. Il ricco e prezioso patrimonio librario si trovava infatti al
primo piano, in un’ala degli uffici in cui i libri erano distribuiti
dentro armadi non più sufficienti a contenerne altri e su scaffalature
metalliche. L’incarico di progettare una biblioteca che fosse spaziosa,
funzionale ed accogliente, oltre che sicura1,
lo diedi al collega e amico architetto Enrico Caruso, che assunse anche la
direzione dei lavori.
Lo spazio fu individuato al piano terra, al di sotto degli uffici,
dove si trovavano alcune stanze fatiscenti colme di arredi dismessi,
vecchio materiale edile ed altro ancora. Alcune di queste stanze erano
state create ai primi del Novecento mediante la costruzione di tramezzi
murari all’interno di un grande ambiente voltato per farne l’alloggio del
portiere e che successivamente venne adibito a deposito/magazzino.
Recuperato lo spazio del grande ambiente eliminando i tramezzi, fu
possibile creare una biblioteca degna di questo nome che decidemmo di
abbellire con un dipinto murario (Tav. 33) che riproduce la porta del
Paradiso raffigurata nel famoso paliotto, visibile nel museo, con
prospetto architettonico ricamato, in cui prevalgono le applicazioni in
corallo.
Il dipinto, realizzato da Antonio Sammartano2
sulla tompagnatura di una porta comunicante una volta con un ambiente
adiacente – oggi di proprietà dei Frati Carmelitani – serve anche a
rammentare ai fruitori della biblioteca il “carattere” speciale del Museo
Pepoli dovuto ai suoi piccoli e grandi capolavori in corallo.
L’ingresso della biblioteca fu realizzato recuperando un antico
accesso, caduto in disuso, dal cortile. Da questo accesso una bella scala
in pietra, illuminata da un ampio
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lucernario,
conduce agli uffici che furono finalmente dotati di un ascensore3.
Anche questo ingresso fu abbellito con un dipinto murario di Antonio
Sammartano, eseguito sulla parete di fondo di una preesistente nicchia
semicircolare, che raffigura gli scaffali di una libreria.
A. Sammartano, pittura murale, Museo Pepoli,
atrio d'ingresspo
degli uffici
Con queste
opere ancora in itinere, avevo avviato il programma di apertura del
museo al territorio, alle scuole e agli “amanti dormienti” dell’arte,
nell’intento di trasformare questa antica istituzione museale, prestigiosa
ma statica, in un dinamico polo culturale di riferimento. Promozione e
rivitalizzazione erano dunque le mete di questo itinerario che ho percorso
con costanza e determinazione insieme ai colleghi Gaetano Bongiovanni,
prima, e Anna Occhipinti e Daniela Scandariato poi.
Museo Pepoli, Sala delle iscrizioni
lapidee, allestimento ann
Sessanta del XX secolo
Per operare in
questa direzione si rendeva innanzitutto necessaria la creazione di una
sala mostre temporanee che,
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