Collezionare
opere d’arte per i Pepoli era una passione di famiglia e sia il padre di
Agostino, Riccardo (1794- 1859), che lo zio Michele (1786-1858) erano dei
collezionisti: l’altro zio, Fabrizio (1785-1866), acquisì le collezioni
dei fratelli1.
Non si hanno notizie documentarie di collezioni presso Antonio Pepoli,
nonno di Agostino, anche se Di Ferro nella Guida per gli stranieri in
Trapani riferisce della presenza, nella casa del barone di San Teodoro, di
un presepe con un «gran numero di figure marmoree d’uomini, e animali…,
alcuni manoscritti, ammirevoli per la lindura della membrana, e per quelle
capilettera di brillante eleganza, decorate di oro e fregiate di
miniature»2.
Probabilmente grande influenza avevano avuto sui giovani Michele e
Riccardo le amicizie con nobili collezionisti di Palermo, dove i due
fratelli avevano studiato e si erano laureati in diritto civile e
canonico, oltreché la parentela con gli Hernandez di erice, derivante dal
matrimonio di Francesco Hernandez sr. con virginia Sieri Pepoli, sorella
del padre Antonio, celebrato nel 1775.
Riccardo, intenditore d’arte e appassionato di archeologia, in
particolare di numismatica, possedeva un medagliere greco e romano, era
amico del generale Giovan Battista Fardella che gli inviava da Napoli
quadri per la pubblica pinacoteca da lui fondata3.
L’altro fratello Michele, «uomo studiosissimo», autore di volumi e
traduzioni, aveva raccolto durante il soggiorno palermitano «una ricca e
pregevole collezione» eterogenea, formata da ceramiche italiane ed estere,
dipinti, sculture e oggetti di ogni genere, per lo più di provenienza
antiquaria4.
Come si evince dal suo testamento, sebbene a Palermo vivesse in due sole
stanze di una locanda, aveva accumulato un gran numero di oggetti,
sicuramente sistemati senza criteri museali5.
L’inventario e le stime degli oggetti della collezione di Palermo
vennero fatti alla sua morte dallo scultore Antonino Allegra e dal pittore
Luigi Pizzillo6.
La raccolta di maioliche e porcellane comprendeva oggetti di varia
funzione: «bornie romane, palle veneziane, vasi abruzzesi e di Faenza,
terraglie di Napoli, vasi e pentole arabi, porcellane di Sassonia,
porcellane cinesi e giapponesi »7:
tra le porcellane una «figura di Sassonia, denotante pastore che suona il
flauto»8.
Facevano parte della collezione diversi oggetti in
|
rame, pietra,
vetro, avorio, un piccolo tempio greco di madreperla, un’immagine
dell’Immacolata di avorio, undici pastori di avorio, un «cavallo di bronzo
con cavaliere», opera identificabile con il bozzetto bronzeo di Giacomo Serpotta, eseguito per il monumento di Carlo II, eretto nel 1679 a Messina9.
Giacomo Serpotta, Monumento equestre di
Carlo II (bozzetto),
1679
Le opere valutate
dal pittore Luigi Pizzillo sono circa trecento tra cui dipinti su tavola e
tela o altri materiali, e disegni su carta o cartoncino, con soggetti
sacri o paesaggi.
Alla stessa collezione appartenevano: una Madonna con Bambino,
a chiaroscuro, e la serie di sei Puttini alati, dipinti a
monocromo, forse dei bozzetti preparatori per opere da eseguire su un
modulo più grande, riferiti al napoletano Francesco De Mura (1698-1782)10;
la Deposizione nel sepolcro, una piccola tavola di scuola emiliana
del secolo XvI11;
una copia dell’Ecce Homo da Correggio, eseguita dal trapanese
Giuseppe Mazzarese; una Sacra Famiglia con Sant’Elisabetta, da
Rubens; i quadri raffiguranti il Palazzo reale di Palermo e il
Castello a mare, di ignoto pittore del secolo XvIII12;
la cosiddetta Madonna Pepoli (Tav. 7), non ben definita nell’elenco
ma identificabile nella bella tavola con Madonna in trono
31
PAG. 32
==> |