ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un documento del 1651 attesta infatti che il maestro trapanese Giovan Battista La Francesca, ricevette la commissione di una trabacca di rame rosso traforato e indorato con oro zecchino, dalla duchessa palermitana Terranova, tramite  il reverendo Vincenzo Perivagnes.

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sappiamo se la trabacca sia stata consegnata nè come si sia conclusa la vicenda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su come doveva essere un letto a baldacchino in rame e corallo non si conserva memoria grafica, ma dalle dettagliate indicazioni del manoscritto lo immaginiamo simile a quelli d’epoca barocca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riflessioni su una perduta "trabacca di corallo":

in omaggio ad Antonio Buscaino

Lina Novara

La storiografia sul corallo ci ha tramandato che ad essere realizzati dai maestri corallari trapanesi dei secoli XVII e XVIII erano oggetti liturgici – calici, pissidi ostensori, paliotti, crocefissi, capezzali… - e di uso domestico - servizi da scrittoio, piatti, soprammobili, cofanetti, scatole… - come confermato dalle mostre del 1986 e del 2013.

Osservando alcuni degli oggetti esposti nella mostra "I grandi capolavori del corallo" del 2013, al Museo Pepoli di Trapani, ed in particolare lo stipo monetiere della Banca Popolare di Novara (fine secolo XVI), in cui il corallo è applicato su rame e associato all’ebano, è tornato alla mia mente il contenuto di un documento, a suo tempo segnalatomi dal compianto dott. Antonio Buscaino, alla cui memoria va un grato pensiero, e dallo stesso in seguito pubblicato[1], in cui si fa riferimento ad una trabacca di corallo, ossia un letto a baldacchino con coralli, una tipologia di oggetto, poco documentata nell’artigianato del corallo.

Un documento del 1651[2] attesta infatti che il maestro trapanese Giovan Battista La Francesca, ricevette la commissione di una trabacca di rame rosso traforato e indorato con oro zecchino, dalla duchessa palermitana Terranova, tramite  il reverendo Vincenzo Perivagnes. Il maestro avrebbe dovuto ingastare, su quattro colonne di letto, 24.000 mila pezzi di corallo rosso estremo e negligenti cioè di colore rosso vivo e negligente (dal francese negligè, sciatto), ovvero rosso più tenue. Altezza e grossezza  dovevano essere conformi al modello che il maestro teneva in mostra nella sua bottega; tale precisazione ci attesta che i maestri erano provvisti di disegni, bozzetti o addirittura modelli già confezionati, da mostrare ai futuri clienti e committenti.

Come viene anche specificato nell’atto, in ciascuna colonna dovevano essere applicati 6.000 pezzi di corallo. La decorazione andava inoltre completata con 270 rosette d’argento smaltato per ogni colonna, tra grandi e piccioli.

Il maestro La Francesca doveva fare bene e magistralmente come conviene e quelle consignare... in Trapani e nella sua potegha, in questo modo cioè: la prima colonna nell’ultimo di dicembre 1651, la seconda nell’ultimo di marzo del 1652, la terza nell’’ultimo di luglio del 1652 e la quarta nell’ultimo di novembre 1652.

Essendo stato stipulato l’atto il 19 luglio, la prima colonna doveva essere consegnata il 31 dicembre dello stesso anno, cioè dopo cinque mesi e mezzo, la seconda a fine marzo 1652, dopo quattro mesi, come le altre due, rispettivamente a fine marzo e fine novembre; complessivamente, tenuto conto che per una colonna servivano quattro mesi, occorrevano all’incirca un anno e 4 mesi.

Il costo  complessivo delle colonne sarebbe stato di 300 once, cioè di 75 ciascuna.

Se un’onza d'oro (pari a 2,5 scudi, o meglio a 30 tarì) era del valore di attuali €.180, il prezzo complessivo odierno sarebbe all’incirca di €. 54.000.
Nel contratto viene anche specificato che in caso di morte di La Francisca, il figlio Rocco avrebbe provveduto a far completare l’opera dallo zio Carlo, fratello del padre.

Non sappiamo se la trabacca sia stata consegnata nè come si sia conclusa la vicenda; sta di fatto che in un successivo contratto del novembre 1663[3] un altro maestro  trapanese, Luciano Santarello, riceve dallo stesso reverendo Perivagnes, sempre per conto della duchessa Terranova l’incarico di spedire[4][terminare] di tutto punto una trabacca di ramo consistente in multi et diversi peczi, parte della quale è traforata e parte si ha da traforare.

     Infatti mastro Luciano ricevette una colonna consistente in 6 peczi ... tutti pieni di Corallo… e uno peczo tutto indorato ... e 2 peczi di colonna incominciati ad empirsi ... alli quali peczi di colonna ci mancano 830 peczi di corallo; 3 scartocci della capiczera sono incominciati ad empirsi ... e mancano solamente 82 peczi di corallo;  li cornici seu frixi di detta capiczera ve ne sono pieni 4 a numero di 500 peczi di corallo; lo scuto grande in mezzo della capiczera essere piena tutta di corallo;  un peczo sotto lo capitello … è pieno di corallo.

Il Saltarello avrebbe dovuto completare il lavoro e riconsegnare l’opera finita, di tutto punto, entro il mese di aprile dell’anno successivo, il 1663.

Cosa avrebbe dovuto fare il maestro viene ancora specificato nel documento: innanzitutto  montare a baldacchino le quattro colonne che dovevano avere una struttura di legno ed  un’anima di ferro,  utilizzando viti e quant’altro fosse necessario, tra cui vetro.

Suo compito era anche quello di inserire le rosette d’argento smaltato che gli avrebbe fornito il rev. Perivagnes. spediti di tutto punto.

Dato importante questo! Il maestro non lavorava l’argento e lo smalto e quindi le rosette  dovevano essergli fornite già pronte.  

Doveva inoltre montare la  Capiczera, ossia la testata del letto e tutti i fregi e i decori a colonne e a scartoccio, ed eseguire l’indoratura con oro zecchino delle colonne, dei capitelli, della copertura e della testata sia nel recto che nel verso.

Inoltre a sue spese doveva stropicciare e pulire con la pomice, ossia lucidare tutti i pezzi della capizzera, ed inoltre era obligato mettere a sue spese proprie tutto quello corallo che sarrà necessario tanto per le su dette quattro colonne capitelli celate grandi e piccoli, quanto per la sudetta capiczera cornice colonne capitelli di detta capiczera ...

I quali peczi di corallo habbiano da essere la metà di colore estremo e la metà di colore negligente e non camuluto.

Il Perivagnes avrebbe fornito inoltre i puttini di corallo necessari, che il maestro si impegnava a collocare nelle colonne.

Il prezzo convenuto fu di 263 once, rispettivamente 37 in meno rispetto al primo contratto, perché parte del lavoro era stato già effettuato.

Su come doveva essere un letto a baldacchino in rame e corallo non si conserva memoria grafica, ma dalle dettagliate indicazioni del manoscritto lo immaginiamo simile a quelli d’epoca barocca, con tende e frange, sostenuto da quattro colonnine, con coralli inseriti a retro incastro, e decorate “a tappeto” con virgolette, listelli, volutine, piccoli gigli e tutti quei piccoli elementi che caratterizzano la decorazione con corallo; un riferimento si potrebbe ipotizzare nella composizione architettonica apicale dello stipo monetiere della Banca Popolare di Novara[5], o nei due grandi candelieri facenti parte del corredo d’altare, ritenuto di manifattura trapanese del XVII secolo, del Museo-Antico Tesoro della Santa Casa di Loreto, recentemente esposti alla mostra Sicilia ritrovata, tenutasi a Monreale nel 2012[6].

A proposito di questo  corredo d’altare, in rame dorato e corallo  si sa che fu un pregiato omaggio

 alla Santa  Casa di Loreto del Principe di Avellino Francesco Marino II Caracciolo, il quale probabilmente affidò a maestri orafi napoletani un cortinaggio di letto di corallo, ossia una trabacca  di ebano nera guarnita di rame indorato coi suoi capitelli e pomi dell’istessa rame dorata su capizzera con diverse figure, puttini ed ogni altro finimento, posseduto dal padre, affinché lo rielaborassero e trasformassero in corredo d’altare da donare alla Santa Casa di Loreto[7].

Anche questo corredo potrebbe quindi essere ricondotto nelle sue forme originarie alla tipologia delle trabacche prodotte nella botteghe trapanesi, come si può dedurre dalla descrizione di un inventario del 1690 dei beni di Marino Francesco Caracciolo I.

Come la maggior parte degli oggetti in corallo, le trabacche erano destinate ad una élite, per via dell’elevato costo del materiale utilizzato. La duchessa di Terranova, in particolare, doveva avere una particolare predilezione per il corallo, tanto che nel 1655 aveva donato al duca dell’Infantado Rodrigo di Mendoza, per il suo compleanno, una frasquera de coral[8].

La presenza inoltre, in molti oggetti con corallo, di elementi architettonici come timpani, colonne e cornici, induce a credere che sia stato un architetto a fornire il disegno; la varietà di tecniche e materiali fa inoltre pensare al prodotto della collaborazione di più maestri, con diverse competenze, come d’altronde attestano i due documenti d’archivio: corallari, argentieri, ramai, scultori e talvolta anche vetrai e ebanisti.

Trapani, 01-07-2013


[1]A. Buscaino, Una splendida fantastica trabacca, in " Lumie di Sicilia " n.51- giugno 2004

[2] Atto del 19 luglio 1651, not. Tommaso Castro

[3] Atto del 21 novembre 1663,  not. Giuseppe Di Blasi

[4] Dal latino “expedire”, ossia, terminare, finire.

[5] L. Marino, Stipo monetiere, in “I grandi capolavori del corallo. I coralli di Trapani del XVII e XVIII secolo”, a cura di V. Li Vigni, M.C. Di Natale, V. Abbate, Milano 2013, p. 68-69, scheda 3  (con bibliografia precedente).

[6] M.C. di Natale, I coralli della Casa Santa di Loreto, in “Sicilia ritrovata. Arti decorative dai Musei Vaticani e dalla Casa Santa di Loreto”, catalogo della mostra, a cura di M.C. di Natale, G. Cornini, U. Utro, Palermo 2012 , pp.109-132; Idem , Ad laborandum curallum, in “I grandi capolavori del corallo..”. cit., pp.48-49.

[7] Ibidem, p. 49.

[8] Ibidem, p.48

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