ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La festività della Natività di Maria venne istituita in Gerusalemme nella prima metà del secolo V

 

 

 

 

 

 

 

 

 

tali ambienti presentavano volte intagliate, con porte e finestre dorate e dipinte, ed erano arredati con mobili di vario stile.

 

 

 

 

 

 

 

 

Le figure in esposizione al Museo Pepoli, ... sono realizzate prevalentemente in legno, scolpito e dipinto con colori a tempera nelle parti esposte (mani e braccia), grezzo nelle parti strutturali. I volti sono invece modellati in gesso, mediante calchi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA NATIVITA' DI MARIA

Il “Presepe della Bambina”

In occasione della VII  GIORNATA NAZIONALE DEGLI AMICI DEI MUSEI 2010, avente per tema ARTE NASCOSTA, l’Associazione Amici del Museo Pepoli ha promosso l’esposizione, nella sala 23, di un gruppo di statuine e di miniaturistici arredi lignei, databili alla fine del XVIII secolo, facenti parte del cosiddetto “Presepe della Bambina”, ossia della rappresentazione della natività di Maria, avente come scenografia il palazzo di San Gioacchino e Sant’Anna.

Le vicende della nascita e dell’infanzia della madre di Gesù sono narrate nel “Protoevangelo” di Giacomo, risalente al II secolo d.C., uno dei cosiddetti Vangeli Apocrifi, che illustra alcuni dei momenti salienti della vita della Vergine: il matrimonio dei genitori Gioacchino ed Anna, il concepimento dell’unica figlia dopo vent’anni di unione coniugale, la nascita e la presentazione al tempio.

Maria bambina

La festività della Natività di Maria venne istituita in Gerusalemme nella prima metà del secolo V e fu fatta coincidere con l’8 settembre, in concomitanza con la dedicazione della Basilica di Santa Maria, edificata sul luogo della casa natale della Vergine; successivamente, nel VII-VIII secolo, fu introdotta in Occidente da Papa Sergio I. La devozione verso Maria Bambina ebbe ampia diffusione presso la diocesi ambrosiana, come attesta peraltro l’intitolazione a Maria Nascente del Duomo di Milano, consacrato nel 1572 da San Carlo Borromeo.

Il più celebre simulacro di Maria Bambina, ispirato all’immagine teorizzata dal cardinal Federico Borromeo, si deve a Suor Isabella Chiara Fornari, superiora delle Francescane di Todi, che modellò, tra il 1720 ed il 1730, una bambina avvolta in fasce con il volto in cera.

L’usanza di celebrare la festa della “Bambina” nei secoli XVIII e XIX ebbe ampia diffusione anche in Sicilia; Maria Bambina veniva tradizionalmente raffigurata come una neonata adagiata in una culla o entro una teca, completamente rivestita di trine e merletti, con il viso in cera o in gesso.

A Trapani era inoltre consuetudine celebrare la veglia festiva allestendo nei salotti signorili, ma anche nelle umili case del popolo, delle rappresentazioni scenografiche in miniatura del sacro evento. Si trattava del cosiddetto “Presepe della Bambina”, consistente nella riproduzione, più o meno fantasiosa, del palazzo di San Gioacchino e Anna, che si riteneva sorgesse nei dintorni di Gerusalemme, suddiviso nei suoi diversi ambienti, ciascuno dei quali corredato di mobili e suppellettili. La  composizione era animata da figurine scolpite in legno o cera, rivestite con abiti in tessuto, raffiguranti diversi personaggi: l’anziana Sant’Anna, San Gioacchino, Maria Bambina, cui si associava la servitù, nonché uno stuolo di nobildonne e notabili, sacerdoti e sovrani, ad attestare la discendenza regale della Vergine.

Secondo le descrizioni forniteci da Fortunato Mondello e dal canonico Salvatore Romano, tali ambienti presentavano volte intagliate, con porte e finestre dorate e dipinte, ed erano arredati con mobili di vario stile.

Porta miniaturistica

Cassone miniaturistico

Secretaire miniaturistico

Trumeau miniaturistico

Era possibile distinguere la camera di Sant’Anna, distesa sul letto, visitata e assistita da principesse, con la culla della Bambina custodita dall’Arcangelo Michele; il salotto di ricevimento di San Gioacchino, circondato da principi reali, sommi sacerdoti e personaggi eminenti in gran consiglio; la sala della servitù; la sala-giochi dei bambini; l’ambiente di lavoro destinato al lavaggio del bucato; la cucina con gli inservienti intenti alla preparazione del pranzo (il cuoco, il moro, la mora); la sala da pranzo; il giardino con la fontana d’acqua zampillante.

Il Romano, deplorando l’inevitabile tramonto di tale tradizione, ricorda i ricchi “presepi” allestiti in Trapani, nel corso del XIX secolo, nelle dimore della duchessa Saura, del barone Curatolo, del conte Fardella, delle sorelle Rosa e Giuseppa Catalano e nel Conservatorio delle Donzelle Disperse.

Le figure in esposizione al Museo Pepoli, donate dal barone Melchiorre Curatolo e databili alla fine del XVIII secolo, sono realizzate prevalentemente in legno, scolpito e dipinto con colori a tempera nelle parti esposte (mani e braccia), grezzo nelle parti strutturali. I volti sono invece modellati in gesso, mediante calchi.

Gli abiti, le cui fogge ricalcano la moda del tardo Settecento, sono in seta, lamè e cotone, guarniti con pizzi e passamanerie. La fattura polimaterica delle figurine richiama i modi della tradizione presepiale napoletana.

Gli arredi – trumeaux, cassettoni, consolle, tavoli, sedie, specchiere, cassoni -  sono realizzati in legno intagliato o dipinto; le superfici presentano una semplice doratura o una decorazione a tempera. Gli esemplari più pregevoli sono ornati con motivi floreali, scene di genere o cineserie che ripropongono in miniatura la tradizione del mobile dipinto Rococò, ampiamente diffusa nel palermitano e nell’agro ericino: si ricordino l’armadio da sacrestia del Santuario di Maria SS. della Misericordia a Valderice o quello della Chiesa Madre di Erice. Sui fondi, prevalentemente di tonalità azzurro pastello, si distribuiscono delicati elementi floreali, resi nei toni del rosso e del verde. Le vivacissime scene di genere, in cui è possibile individuare una variegata gamma di soggetti (scene campestri, di mercato o di caccia, animali esotici, figure in maschera) derivano dall’applicazione di ritagli di stampe dipinte, rifinite con l’aggiunta di dettagli pittorici. Il gusto per la chinoiserie, tipico dell’epoca, trova applicazione negli ornati di alcune sedie, talune con fondo rosso e decori in oro, altre rese nelle tinte dell’azzurro e del rosso.

Dama

Principe

(www.amicimuseopepoli.altervista.org  18-10-2012)

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