ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

16 La ferita al costato*
Gesù, Maria, Giovanni, Maria Maddalena, un soldato
Domenico Nolfo 1771
Ceto Funai, Pittori e Decoratori

1 La Separazione
2 La lavanda dei Piedi
3 Gesù nell’orto del Getzemani
4 L’arresto
5 La caduta al Cedron
6 Gesù dinanzi ad Hanna
7 La negazione
8 Gesù dinanzi ad Erode
9 La flagellazione
10 La coronazione di spine
11 Ecce Homo
12 La sentenza
13 L’ascesa al calvario
14 La spoliazione
15 La sollevazione della croce
16 La ferita al costato
17 La deposizione
18 Il trasporto al sepolcro
19 Gesù nell’urna
20 L’Addolorata

 

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delle schede

 

L’episodio della ferita al costato conclude in maniera dolorosa e drammatica gli episodi relativi alla passione di Gesù: nell’ora nona del venerdì, alle tre del pomeriggio egli infatti spirò (Marco XV, 34-37) ed “uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua” (Giovanni XIX, 34), segno che Gesù era morto. Nei Vangeli canonici non è riportato il nome del soldato, ma secondo la tradizione cristiana era Cassio Longino il cui nome si ritrova invece nella versione apocrifa degli atti di Pilato.
Sotto la croce, nel gruppo processionale, stanno in piedi Maria e l’apostolo prediletto Giovanni, l’unico fra i discepoli a non abbandonare Gesù, rimanendo presso la croce fino alla morte; Maria Maddalena è invece in ginocchio alla destra di Gesù e rivolge lo sguardo verso Longino, in primo piano, rappresentato nell’atto di vibrare il colpo di lancia, al costato di Gesù: quella lancia diventerà uno dei simboli della Passione. 
La presenza di Longino nel gruppo è espressamente indicata in un atto del 1771 (6 giugno, not. M. Rosselli) nel quale si riporta il nome del soldato.
Il “Mistero”, fin dal 1620 affidato a canapai e funai, fu ricostruito ex novo nel 1771 da Domenico Nolfo (1730-1803), al quale la storiografia locale, senza riscontri documentari, ha affiancato il fratello Francesco; nel 1949, dopo gli eventi bellici che lo distrussero, fu rifatto da Giuseppe Cafiero che riutilizzò le parti recuperate dall’opera precedente.
Nell’attuale gruppo che ricalca la composizione del precedente, l’iconografia della rappresentazione è corrispondente a quella tradizionale del “Calvario”, termine con il quale si intende in scultura una composizione formata dal Crocifisso, da Maria, Giovanni, Maria Maddalena e da altri personaggi, collocati ai piedi della croce. Questa iconografia in ambito siciliano trova riferimenti nei “Calvari” palermitani di Giacomo e Gaspare Serpotta e in quelli “in piccolo” in avorio o alabastro, tra cui il “Calvario” in alabastro bianco e rosa di collezione privata di Catania.
L’attuale figura del Cristo, parzialmente rifatta da Cafiero, ricalca l’iconografia classicistico-barocca del Cristo morto, con il corpo nudo, leggermente incurvato e allineato sull’asse della croce, curato nella resa anatomica del torace e degli arti inferiori e superiori, con il capo reclinato sulla spalla destra, le braccia distese e le ginocchia piegate, connotati questi ultimi che richiamano il Crocifisso ligneo (fine secolo XVIII) di fra’ Benedetto Valenza della chiesa dei Cappuccini di Erice. L’immagine che si ricava è di un corpo rilassato e di un volto disteso che, con la morte, non mostra più gli spasimi dell’agonia, anzi emana un senso di pacata serenità. 
Il viso di Gesù riproduce il modello iconografico definito nella bottega dei Nolfo: capo inclinato, volto piccolo e profilato da una barba sottile e bipartita sul mento appuntito, bocca piccola da cui traspare la dentatura, baffi lunghi e sottili, capigliatura fluente con ciocche che ricadono sulle spalle. È sempre lo stesso volto che vediamo nei gruppi “La caduta al Cedron”, “La coronazione di spine”, “La sentenza”, “La spoliazione” e nel Cristo nell’urna.
Talune note patetiche sono date dalla profonda ferita sanguinante che squarcia il torace, dalle piaghe delle ginocchia e della spalla sinistra e dal colore rosso del sangue provocato dalla corona di spine e dai chiodi, in numero di quattro, due per le mani e due per i piedi, secondo l’iconografia medievale.
Il panneggio dell’ampio perizoma, ricco di effetti chiaroscurali, è trattenuto da una cordicella annodata che lascia scoperto il fianco destro, motivo ricorrente nei Crocefissi trapanesi dei secoli XVII e XVIII.
All’evento doloroso partecipano Maria e Giovanni con gli occhi pieni di pianto rivolti a Gesù, e Maria Maddalena, in ginocchio, con espressione quasi estatica e lo sguardo, invocante pietà, rivolto verso il centurione. 
Giovanni è raffigurato con baffi e fluenti capelli che ricadono a ciocche sulle spalle, in posa stante mentre dirige la mano destra in avanti, in segno di compassione; contrariamente all’iconografia tradizionale che lo vuole imberbe, ha qui una barba sottile e biforcuta che profila il mento e giunge fino alle orecchie. Il volto dai lineamenti gentili, messi in evidenza dal reclinare del capo all’indietro, riproduce il modello utilizzato dai Nolfo per il viso di Gesù. 
Maria, nell’esprime il dolore di una madre, è raffigurata con il volto affranto e rigato dalle lacrime, come Mater Dolorosa, corrispondente all’iconografia dell’Addolorata. 
Maria Maddalena abbraccia la croce nella direzione dei piedi di Gesù, ripetendo così il gesto di devozione compiuto durante le cene in casa del fariseo e a Betania; è rappresentata con lunghi capelli sciolti, di cui una ciocca le ricade sul seno, in riferimento all’episodio evangelico secondo cui asciugò i piedi di Cristo con i propri capelli dopo averli bagnati con le lacrime di pentimento. 
I tre personaggi sacri vestono tutti lunghe tuniche, strette a vita da fasce colorate d’oro zecchino e sono provvisti di ampi mantelli: curati sono inoltre i dettagli decorativi dell’abito e dell’elmo del soldato romano.
Il gruppo, che dal 1966, venendo meno la categoria dei funai è curato da pittori e decoratori, nel 2003 è stato restaurato ad opera di Giovanni Calvagna. (L.N.)

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