ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

14 La spoliazione*
Gesù, un soldato, tribuno, un giudeo
Domenico Nolfo, 1772
Ceto Tessili e abbigliamento

1 La Separazione
2 La lavanda dei Piedi
3 Gesù nell’orto del Getzemani
4 L’arresto
5 La caduta al Cedron
6 Gesù dinanzi ad Hanna
7 La negazione
8 Gesù dinanzi ad Erode
9 La flagellazione
10 La coronazione di spine
11 Ecce Homo
12 La sentenza
13 L’ascesa al Calvario
14 La spoliazione
15 La sollevazione della croce
16 La ferita al costato
17 La deposizione
18 Il trasporto al sepolcro
19 Gesù nell’urna
20 L’Addolorata

 

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delle schede

 

L’episodio rappresentato nel quattordicesimo gruppo, la spoliazione cui fu sottoposto Gesù prima della crocifissione, anche se non espressamente raccontato viene indicato nei vangeli canonici: Matteo riferisce che “quando ebbero finito di beffeggiarlo … lo rivestirono delle sue vesti, quindi lo portarono per crocifiggerlo” (Matteo XXVII, 31). Il “Denudamento di Cristo”, come più comunemente viene denominato l’episodio, fa parte dei preparativi per la crocefissione avvenuta nel luogo delle esecuzioni, sul monte Calvario, appena fuori le mura di Gerusalemme. 
Nell’opera trapanese Gesù veste soltanto la tunica di colore blu, senza il mantello rosso che gli era stato posto sopra le spalle per beffarda parodia dei manti degli imperatori di color porpora. 
La scena è composta da quattro personaggi:(1) Gesù in piedi, due militari ed un giudeo che, nel momento in cui sta per compiere l’atto di strappare la tunica di dosso a Gesù, perde le sue vesti che scivolano giù lasciandogli il corpo seminudo. 
Il gruppo è stato eseguito dallo scultore Domenico Nolfo (1730-1782) nel 1772 per i venditori di fiori e frutta che lo ebbero affidato proprio in quell’anno. La commissione si ricava dall’atto di pagamento in favore dello scultore, avvenuto il 4 aprile 1777 (atto not. M. Rosselli), per la prestazione d’opera e per il materiale impiegato nella realizzazione del mistero “dello spoglio del nostro redentore Gesù Cristo pria d’essere alzato in croce con numero tre Giudei e colla sua Bara”.
Il viso di Cristo, dall’espressione mite e sofferta che allude alla simbologia dell’Agnus Dei, la vittima sacrificale, corrisponde al modello iconografico definito nella bottega dei Nolfo, che verrà riprodotto nelle sculture realizzate da Antonio e dai figli Domenico e Francesco: capo inclinato, volto piccolo e profilato da una barba sottile e bipartita sul mento appuntito, palpebre socchiuse, bocca piccola da cui traspare la dentatura, baffi lunghi e sottili, capigliatura fluente con ciocche che ricadono sulle spalle. È sempre lo stesso volto sofferente di Gesù che si ripete nei gruppi “La caduta al Cedron”, “La coronazione di spine”, “La sentenza”, ed anche nel corpo morto di Cristo nell’urna. Ne “La spoliazione” Domenico si sofferma a descrivere l’anatomia di quella porzione del torace di Cristo, messo in mostra dalle vesti che stanno per essergli strappate. 
Secondo una tradizione popolare, nel raffigurare il giudeo che toglie i vestiti a Gesù, lo scultore si servì come modello dell'aiutante-boia presente a Trapani, in quegli anni, denominato “Setticarini”, come a voler sottolineare la crudeltà di quel mestiere paragonandola a quella di chi spogliò Gesù. Lo scultore indugia nella resa anatomica del torace del personaggio, pur tralasciando di curare la parte dorsale: si compiace di caratterizzare il suo volto rendendolo simile ad una caricatura, di marcare i lineamenti plebei e sgraziati, di modellare beffardamente i lunghi e folti baffi ondulati, simili alle poche ciocche di capelli presenti solo sulla nuca e sulle tempie che rendono più evidente la calvizie della restante parte del capo. Anche i due militari hanno volti popolari e, in none di una verità realistica, sul naso del soldato che spoglia Gesù compare un grosso neo; entrambi portano elmi romani a calotta, intagliati nel legno e con volute e decori barocchi, orientati verso il rococò. 
Il tribuno in primo piano, con il gesto delle mani allude all’attesa di avere la veste che sarà poi giocata ai dadi. Secondo Giovanni (XIX ,23-24) “i soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”.
Una nota paesaggistica aggiunge alla composizione il piano d’appoggio in sughero, simulante la roccia: il gruppo scultoreo è collocato sull’originaria "vara" eseguita dallo stesso Nolfo che scolpì su ciascuno dei quattro angoli, una testina alata, di gusto barocco.
Intorno al 1788 il gruppo fu affidato ai bottai; dal 1966 è curato dalla categoria “Tessili e Abbigliamento” che nel 1990 l’ha arricchito di una croce d’argento. 
In processione i due militari sfoggiano vistosi pennacchi d’argento, fatti realizzare dai bottai dello stabilimento Catalano nel 1902, come indicato nelle iscrizioni.
L’opera è stata più volte restaurata: nel 1902 da Antonio Giuffrida, nel 1989 da Benvenuto Cafiero che lo ha ripulito e nel 2003 da Maria Scalisi che ha effettuato il restauro conservativo. (L.N.)

(1)Nella foto uno dei due soldati, trovandosi dietro il Cristo, risulta quasi invisibile. 
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