ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

1 La Separazione*
Maria, Gesù, Giovanni
Mario Ciotta (attr.) - I metà secolo XVIII
Ceto Orefici

(Clic sui titoli)

1 La Separazione
2 La lavanda dei Piedi
3 Gesù nell’orto del Getzemani
4 L’arresto
5 La caduta al Cedron
6 Gesù dinanzi ad Hanna
7 La negazione
8 Gesù dinanzi ad Erode
9 La flagellazione
10 La coronazione di spine
11 Ecce Homo
12 La sentenza
13 L’ascesa al Calvario
14 La spoliazione
15 La sollevazione della croce
16 La ferita al costato
17 La deposizione
18 Il trasporto al sepolcro
19 Gesù nell’urna
20 L’Addolorata

 

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Il gruppo statuario de La Separazione apre la processione che si svolge a Trapani il Venerdì Santo, raffigurando un episodio del ciclo della Passione di Cristo, assente nei Vangeli, ma derivante dalla tradizione devozionale medievale e dai testi apocrifi che hanno aggiunto ai racconti della Passione elementi emotivi ed episodi patetici e coinvolgenti come il congedo simbolico di Cristo dalla madre, avvenuto a Nazaret o a Betania. I personaggi, oltre a Gesù, sono quelli che hanno avuto un ruolo importante nella sua vita: Maria, la madre, e Giovanni, l’apostolo prediletto, presente nei momenti più significativi della vita di Cristo, l’unico dei discepoli a rimanere presso la croce fino alla sua morte. Gesù prima di morire gli affidò la madre e lui le rimase sempre accanto per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della vita.
Il gruppo attuale sostituisce quello originario affidato nel 1621 dalla Confraternita del Sangue Preziosissimo di Cristo alla maestranza degli orafi e argentieri, con l’obbligo di curalo, abbellirlo e portarlo in processione. Tradizionalmente viene attribuito a Mario Ciotta (fine secolo XVII-1750 ca.), maestro specializzato nella tecnica del legno tela e colla, con cui è realizzato il gruppo (come tutti gli altri), ritenuto allievo di Pietro Orlando ed uno tra i maggiori scultori trapanesi della prima metà del secolo XVIII. 
L’episodio, raro nella Storia dell’Arte, viene sviluppato attraverso una composizione equilibrata nella quale le tre figure sono poste a distanza ravvicinata, per l’evidente ragione di occupare minore spazio. La disposizione semicircolare richiama alla mente la soluzione raffaellesca, adottata per Maria, il sacerdote e Giuseppe nello Sposalizio della Vergine, alla quale afferisce anche l’ideale semicerchio che dalla spalla destra di Maria si sviluppa fino a quella sinistra di Giovanni. Maria, alla destra di Gesù, e nell’atto di porre la mano sinistra sulle spalle del figlio, gesto che sottolinea il vincolo affettivo tra i due, è raffigurata secondo i canoni iconografici tradizionali: con la veste rossa che sta ad indicare la sua umanità, e il manto azzurro simbolo della divinità della quale si è ricoperta, divenendo la madre di Gesù. La pregevole scultura assume connotati umani e dolorosi nell’espressione del viso e nello sguardo pietosamente rivolto verso il figlio. Questi, più basso rispetto alle altre due figure perché nell’atto di inchinarsi leggermente davanti alla madre, in segno di devozione, è la figura meno riuscita nella resa del volume corporeo, creato con la tecnica polimaterica. Molto intensa è invece l’espressione del volto, carica di intensità emotiva, che attraverso il muto colloquio fatto di sguardi tra madre e figlio, fa intuire il dolore per la separazione e il presagio della morte. In quanto figlio di Dio, e pertanto di natura divina, al contrario di Maria, Gesù veste una tunica azzurra, simbolo di divinità, ed un manto rosso, allusione all’essersi fatto uomo. Nel Vangelo di Giovanni si specifica che «quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo» Giovanni XIX, 23-24).
Giovanni è raffigurato come un giovane imberbe, con baffi e capelli lunghi, in posa stante e composta, mentre con fare manierato dirige la mano destra verso gli occhi, in segno di grande dolore, come per volere asciugare le lacrime. Ha un volto dai lineamenti gentili, messo più in evidenza dalla fronte larga e dal reclinare del capo verso il basso; l’aspetto virginale di Giovanni trae origine dalla Legenda Aurea (1280) di Jacopo da Varazze, uno dei testi fondamentali per la comprensione dell’arte sacra, dove si legge che già nel suo nome «fu la grazia» è insito il dono della castità e dello stato virginale, fattogli da Dio. 
I tre personaggi vestono tutti lunghe tuniche dalla linea morbida, strette a vita da cinture colorate d’oro zecchino, e sono provvisti di ampi mantelli: particolarmente curato è il panneggio, caratterizzato da fitte e lunghe pieghe. Accurata è anche la resa ad intaglio delle capigliature di Gesù e Giovanni, che lasciano ben scoperta la fronte, ad attaccatura alta e regolare e a ciocche ordinate e fluttuanti con quelle più lunghe che ricadono sopra le spalle. Le statue di Maria e Giovanni mostrano inoltre affinità stilistiche con le figure di Maria Addolorata e Giovanni, attribuite allo stesso Ciotta e poste ai piedi del Crocifisso e i due ladroni, custoditi nella chiesa trapanese di San Nicola, riferiti ad Andrea Tipa (1725-1766). In particolare le due statue di Giovanni rivelano connotati fisionomici simili. In processione le tre statue vengono adornate con aureole d’argento, pregevoli manufatti del 1767, eseguite dall’argentiere trapanese Giuseppe Piazza. 
Nel 1770 il maestro palermitano Giuseppe D’Angelo curò l’indoratura della vara lignea sulla quale sono fissate le tre statue. Il gruppo, danneggiato durante l’ultimo conflitto mondiale, fu restaurato nel 1949 da Bartolomeo Frazzitta. Ulteriori restauri sono stati eseguiti nel 1998 da Concetto Mazzaglia e nel 2013 da Maria Rita Morfino.

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