È presente a Trapani nella seconda metà del secolo XVIII un esperto maestro
argentiere, il tedesco Wolfgang Hüber, figlio di Mattia, e Ursula, proveniente
da una cittadina tedesca del Ducato di Baviera. Figlio d’arte, fu come il padre,
anch’egli orafo e argentiere.
Poche sono le notizie che conosciamo su di lui: lo stesso cognome Huber in
documenti d’archivio viene indicato come Guver, Gueber, Gruber, Uber, Hueber, ed
il nome Wolfgang viene trasformato in Alfango, Wulfango Golfango, Wolfang ed
anche Wolfan.
Fino al 1755 risulta nella bottega di Johann Benno Canzeler che è uno dei due
allievi più bravi di Johann Christoph Steinbacher, il rappresentante più
importante della corporazione degli orafi/argentieri attivi a Monaco nella prima
metà del '700.
Il giovane Hüber, lasciata la Baviera, dopo un lungo girovagare durato 13 anni
in diversi regni e città d’Europa, arriva a Trapani nel 1764.
Non conosciamo i motivi della venuta a Trapani e la scelta di eleggerla come sua
dimora, tanto da volersi “accasare”, ossia sposare, come riporta un documento
del 1767, conservato presso il locale Archivio Diocesano. A Trapani si sposa due
volte: la prima nel 1768 con Maria Accardo e, rimasto vedovo, in seconde nozze
sposa nel 1776 Francesca Scaduto, vedova del noto argentiere Vincenzo Bonaiuto
del quale Hüber acquisisce la bottega.
È attestato in vita fino al 1782, ma una fonte documentaria del 1783,
indirettamente, fa intuire che a quella data fosse già morto.
Per sposarsi la prima volta ha bisogno di una dispensa, in quanto straniero e
quindi persona non conosciuta – potrebbe essere già sposato e di conseguenza non
in grado di contrarre nuovo matrimonio.
A testimoniare sul suo celibato sono due colleghi con i quali sicuramente aveva
stretto rapporti di amicizia, di stima e collaborazione: Angelo Sandias e
Giacomo Caltagirone.
I nomi dei due li ritroveremo più volte durante il percorso trapanese del
maestro.
A vidimare alcune sue opere sarà infatti Angelo Sandias che fu console della
maestranza degli argentieri di Trapani nel 1763 (ma Heber non era ancora a
Trapani) e nel 1774.
La sigla GC, forse di Giacomo Caltagirone o Giacomo Costadura, la ritroveremo su
manufatti che risultano influenzati dallo stile del tedesco.
A Maria Accascina va il merito di avere individuato, nel 1976, le iniziali del
maestro tra quelle degli argentieri attivi a Trapani, mentre ad Annamaria
Precopi quello di avere ritrovato nel 1989, in documenti d’archivio, il nome e
cognome Wolfgang Hüber sciogliendone la sigla.
L’inventariazione informatizzata dei Beni Culturali Mobili Ecclesiastici,
promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana e portata avanti dalla Diocesi di
Trapani sin dai primi anni del nostro secolo XXI, ha permesso poi di individuare
diversi oggetti marchiati con la sigla W. H.
La raccolta di opere in esposizione, in gran parte inedite e provenienti da
Erice, intende far emergere dall’oblio la personalità artistica di questo poco
noto maestro, aggiornato sullo stile del tempo, il rocaille, e di farne
apprezzare le capacità tecniche ed espressive.
Accanto alle opere di Hüber vengono esposti, per confronto, manufatti
antecedenti alla sua venuta, contemporanei e posteriori, primi fra tutti quelli
di Vincenzo Bonaiuto (1717-1771), uno dei più aggiornati maestri trapanesi del
tempo.
Molto apprezzato dalla committenza, non solo cittadina, il Bonaiuto ricevette
incarichi di prestigio, come la collaborazione nella rinomata bottega Lotta per
la realizzazione del grandioso paliotto della cappella del Crocifisso nella
chiesa di San Domenico, ora esposto nel Museo Pepoli.
Nel 1766 gli fu commissionato dalle maestranze dei calzolai, fabbri, falegnami e
sarti di Marsala, un altro paliotto per la cappella del SS. Sacramento della
locale Chiesa Madre, nel quale compaiono motivi ornamentali tratti dal
repertorio rococò.
La Marina grande gli affida il compito di eseguire la suppellettile sacra della
propria chiesa di Maria SS. della Nuova Luce, tra cui il “Portellino d'argento
di tabernacolo” e il sontuoso ostensorio con grande veliero che sostiene la
sfera.
Bonaiuto con maestria sbalza e cesella sull’argento eleganti ornamenti barocchi,
ai quali alterna elementi tratti dal repertorio rococò, quali i motivi
conchiliformi e le volute che si intrecciano.
Ma è nel tabernacolo dell’altare della cappella della Madonna di Trapani che il
linguaggio del trapanese Bonaiuto si evolve decisamente in termini rococò
dimostrando di avere acquisito stilemi nuovi e un nuovo gusto.
È probabile che il distacco definitivo dai motivi tradizionali barocchi, sia
stato agevolato dalla presenza a Trapani del maestro tedesco.
Hüber nei suoi manufatti, tutti di ottima fattura - calici, ostensori,
cartagloria, reliquiari, un repositorio ed una pisside … - interpretò in modo
personale i tipici motivi decorativi del Rococò, le cartouche, le volute, le
forme sinuose, e aggiunse un sapore germanico a quel gusto che si andava
affermando anche localmente.
Il rapporto del tedesco con Trapani e il suo territorio è attestato dai marchi
della città - DUI (Drepanum Urbs Invictissima) - e dalle sigle dei consoli della
maestranza trapanese, impressi sui manufatti del maestro: Diego Piazza, Angelo
Sandias, Pasquale Daidone.
Opere come il sontuoso repositorio di Erice sicuramente lasciarono il segno
nell’evoluzione stilistica dell’arte argentaria trapanese, sia per l’esuberanza
decorativa tipicamente rococò, sia per il sapiente uso del bulino nel lavoro di
cesellatura.
La sua opera fu molto apprezzata da una committenza raffinata che andava
dall’ambiente monastico a quello delle illustri famiglie aristocratiche, come
viene confermato dagli emblemi cesellati all’interno dei cartigli.
Nella bottega del maestro probabilmente furono molti i giovani che appresero,
oltre alle più aggiornate tendenze dell’arte europea, la tecnica dello sbalzo e
del cesello tramite l’uso del bulino: tra questi Carlo Caraffa, Natale e
Leonardo Daidone, Giacomo Costadura, Antonio Scalabrino.
La lezione di Hüber sembra essere stata bene acquisita dall’argentiere che sigla
con le iniziali GC, forse Giacomo Costadura, il quale ripropone gli stessi
motivi rocaille usati dal tedesco, che incorniciano simbolici grappoli d’uva e
spighe di grano.
Dalla metà del XVIII secolo fino al secondo decennio del XIX, nelle attivissime
botteghe dei Parisi - Nicolò, Vito e due Vincenzo - furono prodotte
suppellettili liturgiche ed opere di uso domestico, lavorate con tecnica
raffinatissima a sbalzo e cesello e contrassegnate da ornati rococò e motivi
che, via via col trascorrere degli anni, andarono evolvendosi verso il
Neoclassicismo.
L’esposizione documenta, con più di quaranta opere, la produzione argentaria
trapanese che dal Bonaiuto va ai Parisi, attraversando Huber, ossia dalla metà
alla fine del secolo XVIII.
Lina Novara
Articolo sull'inaugurazione della mostra al Museo Pepoli di argenti di Wolfgang Hüber.
(*)Le foto degli argenti pubblicate in questa pagina riguardano opere
di Wolfgang Hüber che si trovano esposte al Museo Pepoli in occasione
della mostra dedicata a lui.
Per vederle ingrandite assieme ad altre foto cliccare qui.
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In occasione della mostra sono stati preparati dei pannelli esplicativi. Leggi.